Letture: Es 17,3-7 Rm 5,1-2.5-8 Gv 4,5-42
OMELIA
Nel nostro cammino che ci porta giorno per giorno a riscoprire la gioia di essere discepoli nella conoscenza del Maestro, Gesù, dopo averci introdotti nella sua gloria e averci illuminati perché in lui fossero fissi i nostri cuori, oggi ci fa fare un passo ulteriore attraverso la riscoperta di una caratteristica dell’uomo nella quale il nostro cammino di discepoli si inserisce: Gesù è l’acqua di cui la creatura ha sete.
Quindi questa mattina ci dice che dobbiamo essere assetati del suo mistero perché il senso della vita possa avere un effettivo cambiamento.
Ma cosa vuol dire avere sete?
E’ questa un’esperienza che ogni uomo, a livello fisico, continuamente vive.
L’uomo non può vivere se non accostandosi continuamente alla bevanda liquida. Davanti a questo itinerario noi possiamo cogliere le due sfaccettature di cosa vuol dire avere sete, sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista cristiano.
Quando ci accostiamo al mistero dell’uomo avvertiamo come l’uomo, di qualunque cultura, sia assetato del senso della vita.
L’uomo è un ricercatore; in certo qual modo nel profondo del suo essere continuamente si pone la domanda: che valore ha la vita?
Attraverso la storia, attraverso gli avvenimenti, attraverso le relazioni dell’esistenza, ogni uomo lentamente giunge a dare una sua spiegazione, alla sua storia, perché se non dà un significato alla sua vita l’uomo non può vivere.
Questa, che è una condizione normale dell’uomo, diventa ulteriormente stimolante dalla prospettiva della vita cristiana. Gesù questa mattina si definisce come sorgente dell’acqua viva e noi sappiamo che conosciamo il Signore quando siamo immersi nell’acqua.
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