OMELIA
La solennità di Cristo Re dell’universo ci ha collocato nella pienezza della nostra esistenza.
In quella contemplazione abbiamo intuito la meta verso la quale stiamo andando, quella meta nella quale il Signore ci trasfigurerà pienamente nel suo mistero.
Davanti a questa realtà nasce in noi il desiderio di accedere a questa esperienza per poter essere nella autentica realizzazione della nostra vita: è il senso di questo tempo dell’avvento secondo quelle due belle immagini che ci hanno offerto, sia il testo profetico, sia quello apostolico. Il testo profetico ci ha detto che dobbiamo salire il monte della gloria di Dio.
…Salire verso il tempio del Signore…per cui noi cogliamo l’esistenza come un essere attirati dalla gloria di Dio.
La certezza che noi stiamo camminando verso questo mistero di gloria è l’attrazione di tutta la nostra vita, per cui, vivere è salire il monte del Signore, per giungere a quel contesto di gloria in cui saremo veramente realizzati.
L’altra bella immagine dell’apostolo Paolo ci dice di essere svegli, di bramare la luce, di camminare in questa luce lasciandoci da essa profondamente rivestire.
Ormai le tenebre sono passate, siamo immersi nella luce e bramiamo il meriggio di questa luce, quando il Signore ci renderà gloriosi nell’esperienza del paradiso.
Ecco perché il cristiano ha sempre davanti a sé questa meta esaltante di un cammino continuo, salendo verso la gloria di Dio e lasciandosi avvolgere dalla luce che non conosce tramonto.
Per “costruire” questa meta noi continuamente dobbiamo coniugare due verità (che fanno parte del nostro vissuto quotidiano): da una parte la presa di coscienza delle meraviglie di Dio e, dall’altra, la percezione di quanto noi – nell’itinerario storico – siamo profondamente “poveri”.
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