Letture del Giorno: Ger 1,4-5.17-19 1 Cor 12,31-13,13 Lc 4,21-30
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OMELIA
La creatura umana ritrovandosi in Gesù Cristo si ritrova creatura realizzata.
In quella espressione di Gesù: “Oggi si è compiuta questa Scrittura” noi riscopriamo come nella persona del Maestro l’uomo, come uomo, ritrova veramente se stesso.
Davanti a questo orizzonte Gesù oggi ci indica anche la strada perché il compimento del mistero di Dio sull’uomo possa essere vero e fecondo; Gesù ci offre la strada attraverso i due esempi ricavati dall’Antico Testamento nei quali il Maestro evidenzia quali debbano essere le caratteristiche di chiunque voglia dare fecondità alla sua meravigliosa Presenza.
Le caratteristiche espresse da quei due messaggi: la vedova si Sarèpta di Sidone e Naamàn, il Siro, ci dicono che è indispensabile un profondo senso di povertà, di semplicità e di docilità nell’obbedienza.
Gesù diventa il compimento della creatura umana e quindi la realizzazione della volontà divina solo attraverso questa povertà, semplicità e docilità dell’obbedienza.
Innanzitutto il profondo senso della povertà: povertà fisica – la malattia data dalla lebbra del Naamàn il Siro -; la povertà come vedovanza – non avendo nulla – o quasi, di che vivere… la vedova di Sarèpta di Sidone, perché se l’uomo può effettivamente accogliere il Signore dando fecondità, la povertà è indispensabile, perché la povertà è la gioia coraggiosa dei propri limiti. Quella donna, che sa esattamente qual è la sua condizione, quando il profeta Elia le rivolge quel comando: “Dammi da mangiare qualcosa” gli dice: “Quel poco che ho lo faccio cuocere, mangiamo io, te e mio figlio e poi moriremo io e mio figlio” …. il senso della povertà.
Dall’altra parte Naamàn consapevole della sua malattia ricerca il modo per essere guarito: la consapevolezza del proprio limite.
Dio è meraviglioso in chi nel cammino della sua vita gli sa offrire la propria povertà, dove la povertà (lo ripeto) è la gioia di amarsi nel proprio limite esistenziale.
Questa povertà diventa semplicità.
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