Letture: Sof 2,3; 3,12-13 1 Cor 1,26-31 Mt 5,1-12a
OMELIA
Il discepolo è chiamato a camminare nella luce che è Cristo Gesù lasciandosi giorno per giorno penetrare dalla sua personalità in modo da essere pronto a vivere quella sapienza evangelica che è il senso stesso della scelta del cristiano.
Chi cammina nella luce del Signore, questa mattina, si ritrova nella luce del mistero della vera luce.
La sapienza che il Cristo ci offre attraverso la parola ascoltata ci pone chiaramente dinnanzi la sapienza al Dio che è meraviglioso in chi non conta, attraverso l’imitazione profonda del mistero di Gesù, nello stile delle beatitudini.
In certo qual modo i due elementi tra di loro si intersecano e ci permettono di avvertire la profondità di una sapienza che è chiaramente non di questo mondo.
Innanzitutto il Signore, attraverso l’introduzione dell’apostolo Paolo, ci fa percepire come il gusto dell’essere discepoli ci porti ad amare ciò che “non conta” perché Dio sia grande e meraviglioso.
L’uomo, quando riscopre la propria piccolezza, riscopre la gioia del suo limite…: allora riscopre la potenza luminosa e creatrice della resurrezione.
E’ la gioia di essere dei piccoli perché Dio sia meravigliosamente grande! E’ una sapienza alla quale non siamo molto educati perché facilmente nelle nostre angustie ci rattristiamo; in noi c’è un inconscio desiderio di autosufficienza, di autogestione esistenziale… tant’è vero che l’uomo, quando non riesce a gestirsi, si sente diminuito della sua personalità.
La bellezza della sapienza che noi acquisiamo rimanendo nella luce di Cristo Gesù è avvertire tutta la creatività divina: la gioia di non contare per essere capolavori di Dio.
In certo qual modo, è nel non contare che entriamo nel morire di Gesù.
E il morire di Gesù è il principio della sua resurrezione.
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