Letture: At 10,34. 37-43 Col 3,1-4 Gv 20,1-9
OMELIA
Il cristiano oggi è condotto dallo Spirito a contemplare il Risorto e, questa contemplazione è il principio della nostra esistenza. Il cristiano è chiamato ad avvertirne continuamente la presenza per essere in lui progressivamente trasfigurato e, per noi, entrare in questo mistero è essenziale poiché l’apostolo Paolo ci ha detto: “Se siete risorti con Cristo cercate le cose di lassù”.
Il Risorto è colui che nel cammino della sua vita avverte in sé la vocazione d’essere tutt’uno con il mistero. Nasce allora la domanda di cosa significhi essere risorti con Cristo.
Noi, spesse volte, viviamo una situazione di rottura tra il mistero nel quale noi crediamo – Gesù è risorto. – e lo stile al quale noi siamo chiamati a costruire l’esistenza: essere risorti in lui.
Questa mattina, nella potenza dello Spirito cerchiamo di chiederci: cosa potrebbe dire per noi la convinzione che siamo veramente risorti.
Tre potrebbero essere i passaggi: essere risorti con Cristo vuol dire averne la sensibilità, goderne la vitalità, per esultare nel gusto della nostra umanità.
Innanzitutto l’esperienza del Risorto ci fa intravedere come siamo chiamati ad assumerne la sensibilità, ad essere il cuore amativo di Cristo.
Essere risorti con Cristo è avere il cuore di Cristo che pulsa nel nostro cuore.
E poiché sappiamo che l’uomo è il suo cuore, il criterio di fondo della nostra esistenza è il cuore amante di Gesù.
Se poi dovessimo chiederci in profondità quale sia la bellezza d’essere risorti, ritroveremmo la percezione che il Signore in noi continua ad amare.
E amare -( Gesù ce lo ha insegnato con la sua storia personale) – è vivere una continua comunione di vita con Dio e con i fratelli.
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