Letture: Sir 3,3-7.14-17a Col 3,12-21 Mt 2,13-15.19-23
OMELIA
Il grande evento dell’Incarnazione ci ha inseriti in quel meraviglioso dialogo tra la gioia di Dio che nell’Incarnazione porta a compimento il suo progetto di salvezza e la gioia dell’uomo che, nell’esperienza dell’Incarnazione ritrova il gusto della vita, per cui, il mistero celebrato ieri ci ha aiutato a coniugare tre sentimenti: la gioia creatrice di Dio, la sua emozione davanti alla grandezza dell’uomo e, dall’altra, il gusto della vita che la creatura deve ritrovare in modo da poter entrare nella gioia e nella emozione di Dio.
Questa grandezza si costruisce progressivamente nella storia: è la vocazione a diventare figlio di Dio. Questa mattina, attraverso la figura e l’atteggiamento di Giuseppe noi veniamo educati a come possiamo lasciarci costruire dalla potenza di Dio diventando giorno per giorno Figli di Dio.
Leggendo attentamente il testo dell’evangelista Matteo cogliamo tre aspetti che possono aiutare ad elaborare la gioia di diventare progressivamente figli di Dio: l’intenso contatto con la storia e le sue problematiche, la lettura di esse partendo dalla storia di Dio, la gioia del compiersi del misterioso progetto della divina volontà.
Innanzitutto il primo elemento che emerge è quello della esperienza della storia.
Noi siamo chiamati a diventare figli di Dio, ma questo processo non è qualcosa di teoretico…. è qualcosa che è profondamente incarnato nell’esperienza del vissuto: è’ l’esperienza di Giuseppe che vive il dramma di Gerusalemme, se ne va in Egitto, dall’Egitto torna a Gerusalemme e da qui a Nazareth; dove Giuseppe attraverso questo itinerario non fa niente altro che vivere, secondo il disegno di Dio, la drammaticità della sua storia.
Il cristiano vive ogni giorno l’Incarnazione amando profondamente la sua storia. Utilizzando l’immagine della famiglia di Nazareth “amando intensamente le pareti della propria casa” anche nelle oscurità e nelle conflittualità storiche.
Giuseppe è colui che ritraduce questa esperienza di intenso dialogo con la vita di tutti i giorni.
Non si dà gioia dell’Incarnazione senza l’amore alla semplicità problematica della vita quotidiana; l’uomo è sempre tentato di rifiutare la storia perché non appartiene, così come essa si svolge, secondo i suoi criteri, ma l’uomo deve imparare che la storia concreta, quella nella quale viene chiamato a vivere, è il luogo del proprio diventare figli di Dio, come Gesù ha realizzato al storia della salvezza vivendo fino in fondo la sua storia nella morte e nella morte di croce.
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