Letture: Ml 1,14 – 2,2.8-10 1 Ts 2, 7-9. 13 Mt 23, 1-12
OMELIA
Il discepolo del Signore vive la consapevolezza che non esiste frammento nella propria esistenza che non debba essere espressione della vera identità dinamica di ogni umana creatura: essere alunno di Gesù, morto e risorto, per accogliere la rivelazione del Padre.
La nostra gioia di battezzati s’incarna nel desiderio veramente inesauribile di conoscere quel Dio che il Cristo ci regala continuamente nel cammino della fede, nella celebrazione delle azioni sacramentali, nel vissuto che ci permette di personalizzare la grandezza dell’amore divino.
Il testo evangelico odierno ci offre uno spunto abbastanza determinante con l’immagine della sinagoga, luogo in cui Gesù ci rivela il significato della propria incarnazione e della propria storia:essa esprime lo stile proprio dell’esperienza ebraica.
L’alleanza tra Dio e il suo popolo si costruisce in un costante dialogo tra il Dio che rivolge la sua parola ad Israele e, Israele che risponde nella fede alla divina rivelazione. Il tutto si costruisce nel clima di fede e di silenzio, di accoglienza e di benedizione, perché la fedeltà divina possa essere continuamente attiva e feconda.
In questo contesto, Gesù, ci insegna che l’obbedienza nella fede alle sue parole vale molto di più dell’insieme di ritualità o di atteggiamenti esteriori che noi possiamo offrirgli e che, di fatto, sono fonti di drammatiche gratificazioni umane…
Infatti la celebrazione non è altro che la cattedra nella quale e dalla quale il Maestro divino ci parla in modo continuo perché la nostra esistenza sia l’eco fecondo e vivente della sua comunicazione all’intera umanità.
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