Omelie di Mons. Antonio Donghi

8 marzo 2011

IX DOMENICA T.O. – Anno A – 06 marzo 2011

Filed under: c. Marzo 2011 — papolino25 @ 20:43
Letture: Dt 11,18.26-28.32 Rm 3,21-25a.28 Mt 7,21-27
OMELIA

Domenica scorsa Gesù ci invitava a vivere di Provvidenza, a vivere ogni frammento della nostra vita nelle sue mani. Questa esperienza della Provvidenza rappresenta la vera solidità della nostra vita poiché ogni nostro respiro è un atto della gratuità di Dio, una gratuità sommamente fedele.

Di fronte a questo darsi del Signore che ci dice che non siamo soli, l’uomo deve coinvolgere la sua libertà in questa esperienza della gratuità di Dio, poiché l’esistenza dell’uomo è tutta un dialogo tra la gratuità di Dio che si espande, il senso della Provvidenza e l’atteggiamento dell’uomo che impegna tutta la propria personalità per poter veramente dialogare in modo fecondo con Dio stesso.

Questa riposta dell’uomo diventa il discorso che Gesù questa mattina ci sta rivolgendo…l’attuazione di due parole sulle quali si costruisce la solidità della nostra esistenza e ci permette di essere uomini profondamente benedetti, luogo della fecondità di Dio.

Le due parole che Gesù questa mattina ci regala sono ascoltare e mettere in pratica. Dovremmo leggere queste due parole sullo sfondo del testo del libro del Deuteronomio per dare ad esse un significato molto più profondo di quello che – in modo immediato – potrebbe apparire al nostro orizzonte. Quando noi ascoltiamo Gesù che ci dice che dobbiamo “ascoltare” potremmo cadere in una interpretazione molto limitata: aprire le orecchie alla Parola del Signore…ma se noi riandiamo alla visione cara all’Antico Testamento su cui si costruisce il discorso della montagna, avvertiamo che la parola “ascoltare” ha un altro significato; per l’uomo dell’Antico testamento ascoltare voleva dire avere davanti agli occhi del cuore le meraviglie del Signore per poter veramente percepire a grandezza dell’amore di Dio.

Ascoltare è ricostruire la propria esistenza lasciandoci affascinare da Dio.

Come l’uomo dell’Antico Testamento aveva davanti agli occhi i versetti della Legge perché non li dimenticasse mai, così l’uomo del Nuovo testamento ha davanti agli occhi del cuore l’amore inesauribile di Dio.

Ascoltare è lasciarsi affascinare dall’amore divino che va al di là di ogni misura e di ogni possibile intendimento.

Ascoltare è avere la memoria viva delle grandezze di Dio: ecco perché l’uomo quando sente l’espressione di Gesù “ascoltare” immediatamente si lascia ricolmare dalla gioia del Dio meraviglioso. D’altra parte questa meravigliosa esperienza noi la cogliamo anche nel cammino della vita.

Cosa vuol dire ascoltare nella vita di tutti i giorni se non la professione di fede che l’Altro sia grande nella nostra vita?

Noi ascoltiamo e intensamente amiamo.

Allora intuiamo come la bellezza dell’ascoltare le meraviglie del Signore è lasciarsi affascinare da questa sua storia. La nostra libertà viene coinvolta nella storia di Dio e si lascia prendere dalle meraviglie inesauribili di Dio. Se riusciamo a dare questa sfaccettatura alla parola ascoltare, lo stesso mettere in pratica ha un sapore diverso. Qualche volta pensiamo che mettere in pratica sia eseguire. Il cristiano alla scuola della Tradizione dell’Antico testamento dà una altro significato alla parola “mettere in pratica”; la parola mettere in pratica è vivere di riconoscenza. Infatti, quando l’uomo si sente raggiunto per pura grazia, per pura iniziativa libera di Dio, da un amore umanamente impercettibile tanto è grande, l’atteggiamento non è eseguire, l’atteggiamento è rendere grazie.

Il mettere in pratica è l’esperienza della riconoscenza per cui la riconoscenza diventa la gioia di dire al Signore: “La mia libertà è nella tua libertà”.

L’atteggiamento morale dell’uomo non è esecutivo, ma l’atteggiamento morale dell’uomo è intrinsecamente eucaristico.

La risposta dell’uomo è dire grazie Signore e quando l’uomo entra in questa esperienza di gratitudine, l’obbedire nella concretezza, non è più la pesantezza dell’obbedire, ma è l’entusiasmo di ringraziare. E’ qualcosa che deve essere profondo in noi per cui dobbiamo imparare dall’apostolo Paolo che in tutto quello che facciamo dobbiamo solo rendere grazie.

La vera esperienza dell’ascoltare è mettere in pratica e in tutto “rendere grazie”. Allora ci accorgiamo che la Provvidenza, come azione di Dio nei nostri confronti, diventa l’anima e il criterio della nostra vita perché la nostra libertà ama gustare questo amore grandissimo di Dio, attraverso la gioia di dirgli istante per istante “grazie”.

L’uomo è veramente libero quando vive di gratitudine e la gratitudine è l’anima della nostra libertà. Ecco perché tante volte noi non riusciamo a gustare la bellezza cristiana… perché l’abbiamo inconsciamente ridotta al moralismo esecutivo, non alla gratitudine che canta le meraviglie del Signore. Quando l’uomo sa cantare con gratitudine le grandezze di Dio, l’uomo è fecondo. E’ quella benedizione di cui ha parlato il Deuteronomio.. chiunque sa rendere grazie è la fecondità di Dio.

Quando nell’incontro tra le meraviglie del Signore e la nostra libertà noi viviamo in rendimento di grazie, noi abbiamo la fecondità di Dio, quella solidità di cui ha parlato il Vangelo, per cui non ci saranno situazioni storiche che possano in un modo o in un altro distruggere la solidità della nostra esistenza. Abbiamo davanti allo sguardo quanto Dio sia grande e diciamogli sempre: “ Ti rendo grazie!” e la nostra vita avrà la benedizione di Dio, avrà la solidità di Dio, la nostra esistenza sarà uno sviluppo di autentica libertà interiore.

E’ il mistero che stiamo celebrando questa mattina.

Il Signore questa mattina ci ha chiamati a rendere grazie.

All’inizio della grande preghiera il sacerdote dirà: “Rendiamo grazie al Signore nostro Dio” e noi risponderemo: “E’ cosa buona e giusta!” e da questo atteggiamento di rendimento di grazie il Signore entra nel pane e nel vino, il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue del Signore, e il Corpo e il Sangue del Signore ci vengono regalati… veniamo trasformati… usciamo dall’esperienza della Chiesa uomini veramente costruiti sul Signore.

Impariamo in questa Eucaristia il gusto di rendere grazie, avremo sempre il Signore in noi, il suo Corpo e il suo Sangue è questa è la solidità della nostra vita!

Per cui, comunque sarà questa settimana, con tutte le paure che potrebbero nascere, noi abbiamo la certezza: “Il corpo e il sangue del Signore mi han forgiato in una solidità veramente inesauribile”.

Questa è  forza, questa è speranza, questa è capacità di vivere nel Signore, poiché nel Signore noi siamo veramente solidi e tutto per pura grazia!

 

Lascia un commento »

Al momento, non c'è nessun commento.

RSS feed for comments on this post. TrackBack URI

Lascia un commento

Crea un sito o un blog gratuito su WordPress.com.